Mio fratello non si lamenta mai della sua situazione e, anzi, tende a scherzarci su. A differenza di me e mia sorella, che a volte ci facciamo problemi per delle sciocchezze, prova a vivere tutto positivamente
Davide ha quasi 20 anni e vive, insieme alla sua famiglia, a Castello di Annone, un piccolo comune alle porte di Asti. Dopo aver frequentato il liceo linguistico si è iscritto alla facoltà di Economia, nella vicina Alessandria, che raggiunge in poco più di 20 minuti di treno. Ha un fratello, Matteo, che ha 18 anni, e una sorella minore, Gloria, che di anni ne ha 12. Matteo, che ha appena terminato il quarto anno dell’Istituto tecnico agrario, ha la Distrofia muscolare di Duchenne, una patologia neurosmuscolare che colpisce quasi 1 su 3.500 nati maschi e si manifesta nella prima infanzia, con problemi di mobilità destinati, col tempo, a peggiorare fino alla perdita dell’autonomia. “Come tutte le storie di sibling, anche la mia storia ha delle particolarità: è una vita diversa rispetto a quella dei miei coetanei senza fratelli o sorelle disabili”, esordisce Davide. “Non è una vita né peggiore né migliore, ma semplicemente diversa, perché sono le dinamiche familiari a essere diverse. Bisogna imparare a essere più autonomi e a mettere da parte la gelosia e la possessività, quando vedi che tuo fratello ha un assistente che lo aiuta al posto tuo o della tua famiglia”.
Eppure, avere un fratello disabile, per Davide, presenta anche degli aspetti positivi. “Come quando ho avuto la possibilità di partecipare ai gruppi di auto-aiuto del progetto Rare Sibling”, spiega. “Perché a me piace conoscere gente. O come quando puoi entrare al cinema o al museo gratis per accompagnarlo. È un vantaggio anche per Matteo che, siccome non paga, qualche volta torna a vedere lo stesso film con un nuovo accompagnatore”. Quanto a suo fratello, Davide lo descrive così: “Ha un caratterino un po’ complicato, “strano” lo definisco io, ma forse mi sembra così solo perché è molto diverso da me. Per esempio, lui ama molto la natura e stare all’aria aperta. Noi viviamo in campagna, e mentre a me piace stare dentro, lui adora trascorrere il tempo all’esterno. Per il resto, gli piace giocare alla playstation e va matto per i motori: di ogni persona che conosce si ricorda che macchina ha, anche a distanza di molto tempo”. Ma visto con gli occhi di Davide, Matteo è anche “pignolo” e “testardo”: “Vuole tutto e subito”, chiarisce. “E quando chiede qualcosa, pretende che venga fatta immediatamente”. Al contrario di Matteo, Davide si sente “più cittadino”. “E poi amo il calcio” aggiunge. “Prima giocavo, ora lo seguo in tv, tifo per la Juve. Ma anche dal punto di vista degli studi io e Matteo siamo diversi, a lui piacciono la fisica e la chimica, ma quando si tratta delle lingue non è come me, non riesce a spiccicare due frasi messe insieme”.
Davide era troppo piccolo per ricordare qualcosa dell’esordio della malattia e del successivo percorso diagnostico, che ha portato i medici a certificare la presenza della Distrofia muscolare di Duchenne quando Matteo aveva pochi anni di età. Ma anche degli anni seguenti non ricorda un granché: “Sono i miei genitori a raccontarmi di quanto fossi protettivo con lui quando frequentavamo la scuola materna e poi elementare”, racconta. “Ero sempre preoccupato che lui potesse cadere e farsi male. Da parte mia ricordo solo che, da piccoli, giocavamo spesso insieme, mentre ora ognuno va per la sua strada. Ma il nostro rapporto è buono, e quando arriva il momento, si capisce che siamo molto uniti, anche se non ce lo diciamo espressamente. Come quando io ho provato gelosia per l’arrivo dell’assistente, che segue Matteo da circa un anno. È un bravo ragazzo, gioca con lui alla playstation e lo incoraggia a scrivere poesie, mentre con me giocava a tamburello, uno sport molto diffuso dalle nostre parti. Eppure, ogni tanto, il fatto che sostituisca le figure genitoriali mi dà un po’ fastidio”.
“Tra i tre e i cinque anni Matteo camminava ancora, ma non riusciva a correre”, spiega suo fratello. “Qualche volta, quando era a casa, cadeva all’improvviso. Poi, qualche anno fa, si è rotto il femore e, allora, la carrozzina manuale, che usava alle scuole medie, è stata sostituita da quella elettrica, che usa tuttora”. Riguardo ai genitori, invece, Davide sottolinea la loro imparzialità rispetto ai figli. “Sono stato sempre seguito, non posso rimproverargli nulla. Anche se poi, quando passiamo troppo tempo insieme, come durante la quarantena, sento un po’ il peso della famiglia”. Parlando di sé, Davide si definisce molto autonomo: “Sono un tipo a cui piace andare in giro e non ho difficoltà se devo raggiungere in macchina un posto che non conosco. Non ho problemi di timidezza e mi rapporto serenamente con ogni tipo di persone, ma non posso dire se questa maturità dipenda dalle mie caratteristiche personali o se dipenda, almeno in parte, dalla presenza di mio fratello. Quanto a lui, non si lamenta mai della sua situazione e, anzi, tende a scherzarci su. Non si scoraggia mai e, a differenza di me e mia sorella che a volte ci facciamo problemi per delle sciocchezze, prova a vivere tutto positivamente. Ultimamente, insieme ad un suo amico friulano dell’associazione Parent Project, ha aperto una pagina Instagram chiamata MatteoTose_e_JakyVerardo in cui postano foto di ragazzi con la Duchenne e fanno sensibilizzazione sulla malattia. Insomma, credo che da lui dovremmo imparare la serenità e l’ottimismo con cui porta avanti la propria vita”. E il futuro? “Per me immagino una vita tradizionale, con un lavoro e una famiglia. Il mio sogno è fare il cronista sportivo, ma so che non è semplice e quindi sono aperto a tutte le possibilità. E poi spero che anche Matteo abbia una vita propria, con o senza una compagna, e che possiamo continuare a vederci spesso e a fare cose insieme, come tutti i fratelli”.