Dedico l’onorificenza di Alfiere della Repubblica a tutti i ragazzi che si occupano, in silenzio, dei fratelli con disabilità gravissime, senza vergognarsi mai e a prezzo di immensi sacrifici.
Damiano è mancato all’affetto dei suoi cari il 20 giugno 2020. La redazione di Rare Sibling e di Osservatorio Malattie Rare, insieme alla responsabile scientifica Laura Gentile, si unisce al cordoglio di Mattia e della sua famiglia. D’accordo con loro, manteniamo pubblicata la testimonianza di Mattia.
È stata una grande sorpresa per Sebastiano Mattia Indorato scoprire, lo scorso 22 aprile, di essere stato insignito Alfiere della Repubblica dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. Sedici anni, di Sommatino (provincia di Caltanissetta), studente al terzo anno dell’istituto tecnico commerciale, Mattia, come tutti lo chiamano, ha ricevuto l’importante riconoscimento per «la dedizione con la quale si impegna ad affrontare le invalidanti difficoltà familiari di salute, e in particolare la cura del fratello, per il quale ha saputo, tra l’altro, ideare preziose modifiche al dispositivo medico che rende possibile il suo trasporto». Suo fratello Damiano ha dieci anni ed è affetto da una malattia rarissima, il cui gene è stato scoperto solo qualche settimana fa, arrecando un enorme sollievo a una famiglia già colpita dalla perdita della primogenita Maria Giulia, per via di quello stesso male a cui i medici non erano riusciti a dare un nome.
È stata un’emozione indescrivibile, subito ci siamo abbracciati. Poi ha telefonato il sindaco di Sommatino per complimentarsi con me e con i miei genitori.
“Ero al corrente della candidatura”, racconta Mattia, ripercorrendo il momento in cui ha appreso la bella notizia. “Ma non immaginavo di essere scelto. Mentre facevo lezione a distanza sono arrivati i miei genitori e hanno detto: ‘Non ci crederai, sei diventato Alfiere della Repubblica’. È stata un’emozione indescrivibile, subito ci siamo abbracciati. Poi ha telefonato il sindaco di Sommatino per complimentarsi con me e con i miei genitori. A quel punto la notizia era sul sito del Quirinale, diventando così di dominio pubblico, e così tutti sono venuti a saperlo. Spero che, alla fine dell’emergenza epidemiologica, possa svolgersi la cerimonia ufficiale a Roma”. Tra le motivazioni che hanno indotto il capo dello Stato a insignire Mattia di questa importante onorificenza, su segnalazione della Società italiana di pediatria, c’è “la grande disponibilità e generosità nell’aiutare la famiglia, acquisendo di volta in volta le competenze necessarie per assicurare continuità nelle cure, la giusta modulazione dei parametri nutrizionali, l’efficacia dei supporti respiratori, etc. L’attività di cura lo ha portato non di rado a rinunciare, silenziosamente e amorevolmente, alle più comuni attività ricreative proprie di un adolescente, mentre l’impegno scolastico è proseguito sempre con profitto”.
“Questo titolo mi è stato riconosciuto per ciò che faccio ogni giorno: per l’amore e la dedizione con cui mi prendo cura di mio fratello più piccolo senza ricevere nulla in cambio”, spiega il ragazzo. Col tempo, infatti, Mattia ha imparato ad assistere anche materialmente Damiano, acquisendo abilità fuori dal comune per la sua età. “Ho sempre voluto dare una mano, per alleggerire il lavoro dei miei genitori e per aiutare mio fratello”, prosegue. “Così ora so utilizzare tutti i macchinari che lo tengono in vita e gestire le sue necessità: dall’ossigenazione alla ventilazione, dall’aspirazione al nutrimento. Mio fratello dovrebbe vivere in un reparto di rianimazione, ma i miei genitori hanno sempre voluto tenerlo a casa, imparando a fare tutto ciò che era necessario. E io sono stato sempre con loro, vicino a Damiano. È il mio fratellino, lo proteggo in tutto e per tutto”.
Quando è nato stava bene. I primi sintomi sono comparsi all’età di un anno. Aveva iniziato a fare a primi passi e a pronunciare le prime parole. Già diceva ‘mamma’. Insomma era come tutti i bambini della sua età.
Damiano non è stato il primo bambino della famiglia a soffrire di quella malattia rara che gli rende tanto complicata la vita. Prima di lui c’è stata una sorellina, Maria Giulia, scomparsa a soli quattro anni di vita. “Adesso avrebbe 23 anni”, dice Mattia. “Quando ero piccolo le portavo i fiori del giardino al cimitero. Forse non capivo molto, ma quel gesto mi faceva stare bene. Poi, via via che crescevo, i miei genitori mi hanno raccontato di mia sorella: si è ammalata a 16 mesi e, gradualmente, la malattia se l’è portata via”. Anche per Damiano la malattia non è arrivata subito. “Quando è nato stava bene. I primi sintomi sono comparsi all’età di un anno. Aveva iniziato a fare a primi passi e a pronunciare le prime parole. Già diceva ‘mamma’. Insomma era come tutti i bambini della sua età. Poi è arrivata la malattia e, un po’ alla volta, ha smesso di piangere, di sorridere, di gattonare e di parlare: tutti i risultati raggiunti fino a quel momento erano scomparsi. Anch’io cominciavo a vedere qualche cambiamento, per esempio notavo che, a volte, mentre guardava la tv, restava imbambolato. Erano crisi epilettiche, ma io non lo sapevo”.
E alla fine ho ideato a un carrellino con ripiano in legno che, agganciato al passeggino, permettesse il trasporto dei vari macchinari. La mia idea è stata poi realizzata appositamente per mio fratello da una società di ortopedia, ma si tratta di una soluzione utilizzabile anche per altre persone.
Pur avendo solo sei anni in più di suo fratello, già da piccolo Mattia aiutava i genitori. O almeno ci provava. “Vedevo mamma che gli dava l’acqua addensata con un apposito biberon e volevo farlo anch’io. Poi, con gli anni, i miei hanno acconsentito a sottoporre Damiano alle varie operazioni che gli permettevano di vivere, come la tracheotomia e la gastrostomia, e il vecchio biberon è stato dismesso. Sono arrivati i macchinari, l’ultimo dei quali è stato il ventilatore, ed era diventato quasi impossibile uscire. Ho pensato molto a come poter aiutare la mia famiglia e mio fratello”, precisa Mattia. “E alla fine ho ideato a un carrellino con ripiano in legno che, agganciato al passeggino, permettesse il trasporto dei vari macchinari. La mia idea è stata poi realizzata appositamente per mio fratello da una società di ortopedia, ma si tratta di una soluzione utilizzabile anche per altre persone. La situazione è migliorata di gran lunga per noi e ora possiamo portare Damiano al mare, in piscina, in montagna. Almeno quando non sta attraversando un momento difficile e quando non fa né troppo caldo né troppo freddo. Insomma”, tira le somme, “abbiamo cercato di rendere normale ciò che non è normale”.
Nelle ultime settimane, poi, Mattia e la sua famiglia hanno ricevuto un’altra buona notizia. È stato finalmente scoperto il gene responsabile della malattia di Damiano. “Abbiamo il nome del gene”, chiarisce Mattia: “si chiama NRROS. La ricerca, condotta su mio fratello, è stata realizzata dalla professoressa Maria Piccione del Centro Malattie rare dell’Ospedale Cervello di Palermo, insieme all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, in particolare grazie ai professori Bruno Dallapiccola e Marco Tartaglia. Dopo 23 anni di ricerche incessanti, per la mia famiglia questa scoperta significa molto. È una cosa molto importante per le generazioni future e, per quanto mi riguarda più da vicino, anche per la possibilità di una diagnosi prenatale”.
Loro possono vergognarsi di un taglio di capelli mal riuscito o di uno dei loro genitori, ma io non mi vergogno mai di mio fratello, perché mio fratello è la mia vita. Credo di essere maturato più velocemente degli altri.
Se gli chiedi cosa voglia fare da grande, Mattia non ha esitazioni: “Vorrei aiutare gli altri, specie quelli che vivono la mia stessa situazione. È una decisione che sto elaborando con l’aiuto dei miei genitori: penso proprio che studierò per diventare medico”. E se gli chiedi in che modo si senta diverso dai suoi coetanei, risponde sicuro: “Loro possono vergognarsi di un taglio di capelli mal riuscito o di uno dei loro genitori, ma io non mi vergogno mai di mio fratello, perché mio fratello è la mia vita. Credo di essere maturato più velocemente degli altri”, va avanti. “Ho capito l’importanza delle cose piccole, come andare a mangiare un gelato con i miei genitori e mio fratello, ogni volta che è possibile. Per la storia della mia famiglia, poter stare tutti insieme serenamente è una cosa molto importante. Insomma, ho imparato a dare valore anche alle cose che per altri non hanno valore”.
Se invece pensa al futuro, la voce di Mattia si incrina leggermente: “La salute di mio fratello peggiora di giorno in giorno. Pur con l’aiuto di tutte le tecnologie possibili, non ha molto tempo di fronte a sé. Eppure”, sottolinea con maggiore ottimismo, “Damiano è il bambino più longevo tra quanti soffrono della sua stessa malattia e questo costituisce un grande traguardo per i miei genitori”. In conclusione, Mattia ci tiene a sottolineare: “Ringrazio il dottor Davide Vecchio dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, senza il quale non sarebbe stato possibile tutto questo, e il professore Alberto Villani, presidente della società italiana di pediatria per aver proposto la mia candidatura. Questa onorificenza la voglio dedicare a tutti i ragazzi che si occupano, in silenzio, dei fratelli con disabilità gravissime, senza vergognarsi mai e a prezzo di immensi sacrifici dettati dal solo amore”.