ROMA – Alessandra è la mamma di Giulia (8 anni) e Lorenzo (11). Ha voluto raccontarci la sua storia, per aiutare a far luce sul vissuto dei bimbi che vivono a fianco di un fratello o una sorella affetti da una malattia (i siblings) che nel caso di Lorenzo è rara, anzi, rarissima e senza un nome: solo una sigla, quella della mutazione spontanea che l’ha colpito.
“Mia figlia Giulia, parlando della forza, mi ha detto ‘mamma lo so che cosa significa essere forti, è come quando sono stata tanto tempo da sola a casa dei nonni e non ho versato nemmeno una lacrima’. Si riferiva a quando, dopo un crescendo di crisi epilettiche, un giorno, abbiamo fatto i bagagli e abbiamo ricoverato Lorenzo, il mio primo figlio, al Bambino Gesù di Roma. Io e mio marito siamo partiti dicendo che saremmo stati via solo pochi giorni, e l’abbiamo affidata ai nonni. Invece siamo stati via dieci mesi, e siamo stati davvero assenti: sapevamo che forse lei sentiva la nostra mancanza, ma Lorenzo era entrato prima in rianimazione, poi in neurologia. Quella di Lorenzo è una malattia rarissima, non si sapeva che fare e non sapevamo cosa aspettarci: noi eravamo lì notte e giorno, dormivamo lì o in una casa famiglia di fronte all’ospedale: eravamo solo o soli? di fronte a qualcosa di ignoto. Giulia aveva 5 anni e la vedevamo solo quando veniva in ospedale, o nei rari giorni in cui andavamo a casa per qualche ora. Sembrava tranquilla, solo un po’ triste quando dovevamo separarci. I nonni e gli zii dicevano che non faceva capricci, non piangeva: è vero che è stata forte in quel momento, e visto che era forte noi tornavamo ad avere occhi e testa solo per Lorenzo. Ma quella forza nascondeva una sofferenza, oggi, mi rendo conto di come deve essere stata dura anche per lei, di come si possa essere sentita sola, ma in quel momento per questo pensiero c’era davvero poco spazio”.
Quando dopo dieci mesi siamo tornati a casa il muro di Giulia è crollato, e dietro il muro c’era la rabbia per essere stata abbandonata.
“Prima di questo ricovero lunghissimo Lorenzo aveva dei problemi di salute, in particolar modo le crisi epilettiche, ma andava a scuola, parlava, giocava e faceva una vita normale: fino ai 7 anni il loro era un normale rapporto tra fratelli con soli 3 anni di differenza: cantavano, litigavano, andavamo al parco insieme, facevano tutte le cose che i fratelli fanno di solito. Poi tutto è cambiato, e quando dopo dieci mesi siamo tornati a casa il muro di Giulia è crollato, e dietro il muro c’era la rabbia per essere stata abbandonata, c’era la volontà di farcela pagare per averle detto che saremmo stati via solo pochi giorni: ora richiedeva tutta la nostra attenzione, ma di nuovo noi non eravamo in grado di dargliela. Lorenzo era entrato in ospedale con le sue gambe, tornava in sedia a rotelle, paralizzato, stomizzato, senza poter parlare. E così prima l’abbiamo privata di noi per 10 mesi, poi, al ritorno, le abbiamo tolto anche la sua cameretta: quella stanza era più adatta alle esigenze del fratello. Lei era arrabbiata con noi, con me in particolare, e non senza motivo, perché al ritorno sono stata io ad allontanarla proprio quando chiedeva attenzioni. Lorenzo era immobile, era malato, le invece era sana, era ciò che il fratello non sarebbe più stato: era un dolore troppo grande e credo sia stato per questo che ho avuto un periodo di rifiuto.
Quando la sua forza è finita Giulia ci ha presentato il conto, la sua richiesta di attenzioni è via via aumentata fino al punto che, cominciata la scuola elementare, ha avuto il rifiuto per i vestiti: tutto le stringeva, la graffiva, non voleva nulla addosso, e la mattina per vestirsi erano tragedie incredibili.
Abbiamo capito che da soli non potevamo farcela e abbiamo chiesto aiuto. Ora va meglio, anche se Giulia teme sempre di essere messa da parte e chiede tante attenzioni
Noi eravamo stanchi, distrutti, e a volte il dolore ti fa uscire frasi che non dovresti dire, come “non farei capricci, tu stai bene, pensa se fossi come Lorenzo” oppure “Ti lamenti che non vuoi andare a scuola ma pensa che sei fortunata, Lorenzo non può andare da nessuna parte”. Abbiamo capito che da soli non potevamo farcela, dovevamo chiedere aiuto, così ci siamo rivolti alla neuropsichiatra di Lorenzo ed è dal novembre 2016 che seguiamo un percorso che ci coinvolge tutti, ci ha aiutato molto, anche se non tutto è risolto.
Giulia è ancora una bimba che teme di essere messa da parte e fa di tutto per essere al centro dell’attenzione, ora a scuola è brava ma all’inizio era spesso distratta e bisognosa di sfogo, il suo atteggiamento verso il fratello e ambivalente. A volte cerca di giocarci, altri periodi lo ignora: tempo fa ha fatto un disegno in cui fa capire chiaramente che quando Lorenzo stava bene tutti erano felici, mentre da quando lui è malato sono tutti tristi, e lei gli vuole un po’ meno bene, perché in fin dei conti lo ritiene responsabile di questo. È gelosa delle attenzioni che riservo a lui, per ogni bacio o abbraccio a lui, lei ne vuole altrettanti, e soffre del fatto che con lui io mi mostro sempre allegra e positiva – per dargli la maggiore serenità possibile – mentre con lei non fingo, a volte sono felice altre la rimprovero. E’ come se a lui fosse riservato il meglio di me e a lei no. Per fortuna che fin dalla scuola materna sia le maestre che i compagni di classe non l’hanno messa a disagio, molti di loro conoscevano Lorenzo, hanno visto il suo cambiamento, erano affettuosi e non si sono mai rifiutati di venire a giocare a casa nostra. Lei non si vergogna del fratello, anche se le danno ancora un po’ fastidio gli sguardi della gente per strada.
Ora stiamo traslocando, la nuova casa è a misura di Lorenzo. La stanza di Lorenzo è grande, matrimoniale, quella di Giulia è una cameretta
Quando è nata Giulia avevamo comprato ‘la casa della vita’ e assunto una tata a tempo pieno, tutti simboli di stabilità. Ogni cosa era organizzata, predisposta, non sapevamo che di lì a poco sarebbe cambiato tutto, per tutti. Ora la sera lei cena con la tata, perché noi dobbiamo preparare Lorenzo per la notte, e siccome uno di noi rimane sempre con lui non esistono occasioni alle quali possiamo andare tutti insieme: il saggio di ginnastica o il cinema o il parco, dove non riesco a portarla perché ci sono troppi ricordi. Quando siamo tornati a casa dall’ospedale abbiamo scambiato le camere tra i bambini e Giulia mi ha detto “Mamma quando Lorenzo guarisce ce le scambiamo di nuovo”, allora speravamo tutti che potesse esserci una ripresa, che alcuni cambiamenti potessero essere temporanei: oggi non lo dice più e nemmeno noi.
Ora stiamo traslocando, la nuova casa è a misura di Lorenzo, al piano terra, con i binari al soffitto per i sollevatori. La stanza di Lorenzo è grande, matrimoniale, quella di Giulia è una cameretta. A guardare la vita con i suoi occhi e la sua esperienza l’impressione è sempre quella che per lei ci sia meno spazio, nei nostri pensieri come nella quotidianità. Certamente non è così, ci siamo riorganizzati, io ora passo molto più tempo con lei e la riprendo anche da scuola, ma il suo metro di paragone rimane Lorenzo. Al punto che qualche anno fa, alla maestra che domandava che cosa voleva fare da grande, lei ha risposto “da grande voglio fare la malata”. Essere la sorella di un bimbo malato e accettare che venga trattato in modo diverso, perché i suoi bisogni sono diversi, non è facile: Giulia lo sa, ma non per questo ancora oggi lo accetta del tutto, ed anche per questo il nostro percorso di supporto continua.