Sì, qualche volta ho un senso di colpa: un tempo pensavo perché non possiamo dividere la sofferenza a metà, perché non posso prendere metà della sua malattia?
Originaria di Roma, ma residente con la sua famiglia a Bracciano, comune a una quarantina di chilometri dalla Capitale, Flavia ha 18 anni e ha appena terminato il quarto liceo scientifico. Suo fratello Gianmarco, di due anni più grande di lei, è al primo anno della facoltà di Farmacologia ed è affetto da esofagite eosinofila, una patologia infiammatoria dell’esofago estremamente rara, scoperta solo negli ultimi anni, il cui sintomo più comune è la difficoltà di ingerire cibo, accompagnata da dolori all’addome, al torace e allo. “Siamo abituati a parlare della sua malattia”, chiarisce subito Flavia. “È una cosa che la nostra famiglia fa spesso.D’altra parte mia madre è presidente dell’associazione Eseo Italia (https://www.eseoitalia.it/), di cui mio padre è il vice presidente e un’amica di famiglia la tesoriera”. Lo scopo di Eseo Italia è informare, sensibilizzare l’opinione pubblica e assistere le persone persone colpite da esofagite eosinofila e, al momento, la onlus conta circa 55 famiglie iscritte e altrettante che, pur senza un’adesione formale, prendono parte alle attività.
“Mio fratello Gianmarco è un guerriero”, esordisce Flavia quando le chiedi di parlare di lui. “È uno che non si arrende mai e si mette continuamente in gioco. Ora, per esempio, è in attesa di sapere se potrà partecipare alla sperimentazione di un farmaco chiamato Dupilumab. Per due anni, invece, ha seguito una dieta alimentare costituita esclusivamente da una sorta di latte chimico, in grado di fornire l’intero fabbisogno calorico, ma dal sapore talmente cattivo da dover essere necessariamente assunto attraverso un sondino. È stato un periodo molto duro per lui, si sentiva spesso male e non poteva più praticare sport. Poi il sondino nasograstrico è stato sostituito da una peg e successivamente, piano piano, sono stati reintrodotti alimenti normali. Il problema principale è l’allergia a una proteina chiamata LTP, che si trova più o meno ovunque. Inoltre per aiutarsi a mangiare assume il Budesonide, un farmaco a base di cortisone utilizzato a lungo nel trattamento di disturbi come l’asma e le malattie infiammatorie intestinali. Attualmente stiamo cercando di introdurre una maggiore varietà di cibi nella sua dieta e, al momento, può mangiare latte, grano, tonno, alcun tipi di carne, zucchine e bietole. Ma le intolleranze non sono stabili, sono assolutamente variabili, ogni volta è una storia diversa”.
L’esofagite eosinofila è una malattia invisibile, all’apparenza Gianmarco si presenta come un ragazzo in salute e senza alcun problema. “È un bel ragazzo”, dice sua sorella. “La malattia non si vede e lui ce la mette tutta per non farla vedere”. Ma anche Flavia fa di tutto per aiutarlo: “Io e mamma cerchiamo in continuazione nuove ricette compatibili con la sua alimentazione. È una limitazione molto forte per lui, perché non può mangiare con gli amici e, quando lo fa, non può stare tranquillo. Una volta si è sentito malissimo dopo aver mangiato, per sbaglio, un solo pisello». Quando è finalmente arrivata la diagnosi e, con essa, il nome della malattia Gianmarco aveva 11 anni e Flavia 9. “È stata mia madre a capire”, ricorda. “Mio fratello aveva sempre problemi di allergia, ma i medici erano convinti che mia madre esagerasse, che fosse un tipo particolarmente ansioso, insomma. Eppure i segnali erano tanti: una volta ha rischiato lo shock anafilattico per un po’ di lenticchie e un’altra volta ha vomitato sangue. Insomma, mia madre alla fine si è stufata e ha deciso di fare di testa sua. Così, grazie a una gastroscopia, si sono finalmente scoperti la causa del suo malessere e il nome della sua malattia”.
Di quel periodo Flavia ricorda soprattutto la stanchezza della madre, perché dopo la prima gastroscopia Gianmarco ha subito diversi ricoveri. “Il periodo più brutto è stato nel corso delle scuole superiori”, spiega, “ma fortunatamente è sempre riuscito a stare al passo con gli studi”. Non a caso Gianmarco, nei racconti di Flavia, è un tipo pieno di interessi. Lei lo descrive così: “Gli piace tanto leggere, è un burlone, per me è proprio il massimo: è mio fratello maggiore ed è come se fosse il primo amore. E poi è sempre gentile e responsabile: insomma è esattamente il tipo di ragazzo che una madre vorrebbe come fidanzato di sua figlia. Gli piace anche fare sport”, aggiunge. “Prima praticava pallavolo, ma da qualche tempo ha cominciato a dedicarsi alla salsa bachata”.
Quanto al suo rapporto con i genitori, Flavia è molto chiara: “Sì, spesso mi sono sentita trascurata. Gianmarco ha avuto sempre tante di attenzioni e all’inizio era pesante. Poi però ho compreso che non posso pretendere le stesse attenzioni che ha lui: anzi devo considerarmi fortunata a non averle, lui ne farebbe volentieri a meno”. Inoltre, avere un fratello con una patologia come l’esofagite eosinofila è un’esperienza forte, che ti cambia profondamente: “Sono diventata una persona più sensibile, soprattutto quando si parla di malattie rare”, riflette. “E cerco sempre di aiutare mamma e papà. L’esofagite eosinofila mi ha sicuramente fatto crescere in fretta, ma anche Gianmarco è stato costretto a diventare grande prima degli altri”. Per aiutare suo fratello e i genitori, Flavia si adopera in tutti i modi. “Per un periodo, poiché Gianmarco era risultato allergico alle tracce di altre sostanza presenti nella pasta, io e papà avevamo deciso di fare tutto in casa. Facevo la pasta per lui e provo a inventare sempre nuove ricette, perché lui non può mangiare quello che mangiamo noi. Poi, quando sta male, lo aiuto a fare quello che non può fare, come sistemare la cucina se è il suo turno”.
Pur essendo fortemente legati, i due fratelli hanno un certo riserbo nel trattare determinati argomenti. “Gianmarco mi spiega spesso come si sente esattamente, ma non parliamo mai in generale della malattia. Credo che a questo punto si senta un po’ stanco, è da quando è piccolo che deve fronteggiare le difficoltà legate all’esofagite eosinofila. Per quanto mi riguarda, sì, qualche volta ho un senso di colpa: un tempo pensavo perché non possiamo dividere la sofferenza a metà, perché non posso prendere metà della sua malattia? In futuro”, conclude, “per me non cambierà nulla. Quando eravamo piccoli non ci sopportavamo e litigavamo tutto il tempo, ma ora parliamo e ci confidiamo sempre, specie quando si tratta di vicende amorose. Io voglio conoscere la sua vita, ma anche lui la mia. È come un secondo papà per me, quando ho qualche problema, so di poter contare sempre su di lui”.