Ai miei genitori non posso rimproverare nulla, sono stati bravissima con me, non mi sono mai sentita trascurata.
E comunque non ho mai preteso più attenzioni di quelle che mi davano
Ludovica ha 20 anni e frequenta il secondo anno della facoltà di Medicina e chirurgia all’Ospedale Sant’Andrea dell’Università Sapienza di Roma, città dove è nata e cresciuta. Ha due sorelle, Matilde (17 anni) e Costanza (14). Matilde è affetta da acidemia metilmalonica con omocistinuria (cblC), un difetto congenito che comporta, tra le altre cose, ritardo della crescita e dello sviluppo, deficit cognitivo e letargia. Attualmente Matilde ha appena finito la seconda media, è rimasta tre anni in più alla materna e un anno in più alle elementari. Ludovica è una persona solare, che ama ridere e scherzare. È molto espansiva e non ha problemi a interagire con le altre persone. Pretende sempre il massimo da se stessa e non solo vuole fare sempre tante cose, ma le vuole fare bene, anche se, dopo un po’, diventa psicologicamente stressante. Oltre a studiare Medicina, lavora per il “Progetto Filippide”, un’associazione che promuove l’attività sportiva per le persone con autismo e sindromi rare. Nello specifico, Ludovica insegna nuoto sincronizzato a un gruppo di ragazzi con sindrome di Down e, due volte a settimana, si allena con la sua squadra.
“Insegnare nuoto sincronizzato mi dà grandi soddisfazioni, ma soprattutto grandissime emozioni”, spiega. “È un lavoro bellissimo, le persone che alleno sono meravigliose e dovrò ringraziarle per sempre per questa opportunità che mi hanno dato”. Al tempo stesso, Ludovica è convinta di dover imparare a rinunciare a qualcosa: “O meglio”, precisa, “devo imparare a scegliere le cose più importanti e a focalizzarmi su quelle per ottenere i risultati desiderati e soprattutto per stancarmi di meno! Ma per adesso mi va bene così, ho sempre avuto bisogno di conoscere il mio limite prima di cambiare strada: non riesco a tornare indietro senza sapere prima come finisce la strada, forse perché ho sempre paura di perdermi qualcosa e in generale ho sempre preferito i rimorsi ai rimpianti. E poi non mi piace l’idea di potermi chiedere un giorno come sarebbe andata se…” Continuando a descrivere se stessa, Ludovica si definisce “abbastanza impulsiva, ma anche presuntuosa e a tratti permalosa. Faccio fatica a pensare come sia starmi vicino”, prosegue, “perché, da un lato, sono accomodante, cerco di rendere felici le persone a cui voglio bene e mi preoccupo per loro, provando sempre a comprendere e a giustificare le loro azioni. Dall’altro lato, invece, penso che non sia facile starmi accanto, perché avendo un carattere forte, quando penso di avere ragione (praticamente sempre), lascio molto poco spazio all’altra persona, soprattutto nelle discussioni. È una cosa su cui devo sicuramente lavorare”.
Parlando di sé, il pensiero di Ludovica scivola su sua sorella Matilde. “Ci sono volte in cui faccio fatica a capire i punti di vista diversi dal mio per divergenze caratteriali o, comunque, per differenti esperienze di vita”, riflette. “Mia sorella e tutta la sua storia mi hanno insegnato e segnato tanto. È una cosa strana, perché in fondo, quando lei è nata, io ero molto piccola, avevo tre anni, di ricordi di quel periodo non ne ho molti e quello che so mi è stato raccontato dopo. Ha iniziato a stare male circa un mese dopo la sua nascita e, da quel momento, la vita dei miei genitori è stata catapultata dentro quell’ospedale. Mi ricordo che la notte facevano i turni per rimanere con Matilde. In particolare ho questo ricordo nitido di me e di mio padre che camminiamo, lui davanti e io dietro, passiamo davanti al parco giochi, poi entriamo dove c’è la cappella e, da lì, il corridoio bianco dell’Ospedale Bambino Gesù. Papà sta davanti a me con il borsone blu, che abbiamo ancora oggi, dentro ci sono le cose per passare la notte. Mentre camminiamo le infermiere ci fermano per dire a mio padre: ‘Signore! La bambina non può entrare’. Non ricordo però cosa succede dopo. Gli altri ricordi riguardano i palloncini all’elio che vendevano fuori dall’ospedale, lo sparo del cannone a mezzogiorno al Gianicolo e lo spettacolo delle marionette che era sempre lo stesso, ma mi piaceva molto, forse perché avevo poco altro da fare. La cosa più strana è che non ho memoria di mia madre in quel periodo, mi ricordo di mio papà, dei miei nonni, ma non di mia mamma. Non so se ho rimosso l’immagine del suo malessere, ma ho la sensazione di non averla mai vista stare male. Non che abbia mai visto mio padre, d’altra parte: nessuno dei due mi ha mai fatto pesare nulla. Però la situazione con mamma è diversa, è strana, ho la sensazione di non averla mai vista in quel periodo. Come se lei e Matilde fossero rinchiuse in quell’ospedale nella lotta tra la vita e la morte e nessuno potesse vederle, sentile o toccarle. Per fortuna quella lotta l’hanno vinta e, per quanto io creda nella medicina e nella scienza, non so se sarebbe finita così se mia madre fosse stata un’altra donna e mia sorella fosse stata un’altra bambina”.
Nel momento in cui i ricordi si focalizzano più da vicino su Matilde, Ludovica precisa: “Di quando era appena nata non ricordo quasi nulla, è stata male presto, è entrata quasi subito in ospedale. Purtroppo i ricordi di quando era piccola piccola non sono molto belli: mi viene in mente una volta che sono andata a guardarla mentre era nel lettino e stava nel pieno di una crisi epilettica, un’altra volta, invece, è caduta dal divano oppure ci strappava i capelli quando si arrabbiava. Purtroppo non mi sono rimasti ricordi gioiosi di quando era piccola. I ricordi belli che ho di lei risalgono a quando era più grande, la situazione più emozionante è stata forse al suo primo saggio di musica: suonava il tamburo con un coro sotto che cantava, era al centro del palco, sotto i riflettori e, appena è partita la musica, gli occhi le si sono illuminati, ha fatto il suo sorrisone e ha iniziato ad andare a ritmo (ha un grande senso del ritmo). Non sono riuscita a smettere di piangere neanche un secondo”.
“Solo quando sono arrivata al liceo, ho iniziato a capire quanto tutta quella storia e quello che ne è derivato mi abbiano formata”, prosegue Ludovica. “Sono una persona che si affeziona facilmente agli altri e tendo a entrare subito in confidenza. Mi fido quasi subito delle persone e vedo la parte migliore di ognuno. Quando hai avuto una persona cara in bilico tra la vita e la morte tendi a non voler perdere tempo e a voler prendere tutto il buono che c’è. Ho sempre avuto un grande bisogno di indipendenza e di non pesare sui miei genitori, perché ho sempre saputo che dovevano occuparsi di più delle mie sorelle. Ho sempre cercato di rendere i miei genitori fieri di me e penso, e spero, in parte, di esserci riuscita. Ho sempre avuto, però, anche la tendenza ad allontanarli perché non volevo dargli alcuna preoccupazione, sapendo che ne avevano già abbastanza, e quindi non volevo che mi vedessero stare male o essere fragile, ma tutto ciò mi ha portata a non confidarmi mai e ad avere una vita mia e solo mia. E purtroppo mi ha portata ad avere difficoltà a dimostrargli che gli voglio bene, non riesco a dirlo mai. Non riesco a dirlo mai neanche a mia sorella Costanza, con cui per una serie di motivi a me ancora sconosciuti ho sempre avuto un atteggiamento distaccato nonostante le voglia un bene immenso. Tutto di me, tutte le sfumature positive o negative che siano contengono qualcosa che Matilde mi ha donato”.
Se le chiedi che tipo è Matilde, Ludovica risponde in questo modo: “Matilde è la bambina più solare che conosca, si sveglia sempre con un sorriso a 32 denti. È un’entusiasta, le piace andare a scuola e adora i suoi maestri, di cui parla tutto il giorno. Ma la cosa che più le piace è sentire papà che canta e suona la chitarra. Ama sedersi vicino a lui e predisporre tutto: prende l’accordatore, il poggiapiedi e lo spartito e, finché papà non inizia a suonare, non lo lascia in pace. Prova un amore speciale sia per mamma che per papà. Con mamma vive in simbiosi, ogni volta che qualcuno le fa una domanda lei non risponde, ma ripete la domanda a mamma per far rispondere lei, forse anche perché non si sente sicura della risposta. Di papà è proprio innamorata, ride a tutte le battute, che lui ripete all’infinito, e a volte le ripete anche lei. È una ragazza dolce, buona, che si emoziona facilmente. Sa dimostrarti tutto il suo amore, una cosa che poche persone sanno fare. È la dimostrazione che, nonostante i limiti, si può essere felici e dare felicità agli altri. In fondo la linea tra abile è disabile è veramente labile e sta negli occhi di chi guarda. Ci sono molte cose che Matilde sa fare meglio di me e di tante altre persone “normodotate”; spesso ci si sofferma sul limite del disabile senza vedere tutti i suoi traguardi e questo porta ad avere pregiudizi. I limiti esistono e sono oggettivi, ma non penso di aver mai conosciuto una bambina tanto felice e con la stessa voglia di vivere, ti insegna che con poco puoi ottenere ciò di cui hai bisogno senza tutte le sovrastrutture che ci creiamo. William Arthur Ward scrisse: ‘L’insegnante mediocre dice. Il buon insegnante spiega. L’insegnante superiore dimostra. Il grande insegnate ispira’, Matilde è la mia grande insegnante”.
“Il nostro non si può definire un rapporto normale tra sorelle, perché è diverso, ho sempre avuto un’attenzione particolare nei suoi confronti, sono molto materna e molto attenta a quello che le accade” riflette ancora. “Matilde mi vuole bene, ma mai quanto a mamma e papà. Però è vero che non passo molto tempo a casa”. Solo raramente Ludovica si infastidisce con sua sorella: “Andiamo d’accordo. Io mi sento fortemente protettiva nei suoi confronti, la coccolo molto. Lei ogni tanto mi scansa per farmi i dispetti. Quando siamo in macchina e c’è la radio accesa, ci parla sopra tutto il tempo, appena uno la spegne per chiederle cosa ha detto si zittisce e non c’è modo di farle direi qualcosa”. Pensando, invece, ai genitori, Ludovica chiarisce: “Non ci trattano allo stesso modo, ed è giusto così. Sarebbe strano altrimenti. Si preoccupano di entrambe, anche se per Matilde sicuramente c’è un altro occhio, ma ai miei genitori non posso rimproverare nulla, sono stati bravissimi con me, non mi sono mai sentita trascurata. E comunque non ho mai preteso più attenzioni”. E infatti Ludovica non ha mai provato gelosia per sua sorella: “Matilde è il mio più grande punto di forza”, dice, “sono orgogliosa e fiera di lei, le voglio un bene infinito e non potrei provare altro sentimento. È giusto che l’attenzione dei miei si concentrasse su di lei e la cosa non mi ha mai dato fastidio”. Quanto agli amici, sottolinea: “I miei amici vedono sicuramente l’amore che provo per lei, perché ne parlo e ne vado molto fiera. Ho amiche che la conoscono e a cui Matilde è molto affezionata. Non tutti l’hanno incontrata di persona e non tutti mi chiedono di lei, forse perché hanno paura di toccare un tasto delicato o forse non ci pensano… non saprei sinceramente. Però posso dire che quando qualcuno conosce Matilde rimane incantato dalla sua dolcezza e dagli occhioni color ghiaccio che si ritrova”.
Infine, immaginando il futuro, Ludovica afferma: “Ci sono tante cose che mi piacerebbe fare come medico. Mi piacerebbe andare a lavorare in Paesi poveri dove c’è tanto bisogno sia di medici che di materiale sanitario. Allo stesso tempo vorrei avere una famiglia, dei figli, mi piacerebbe anche adottarne uno o due. Diciamo che mi piace farmi sorprendere dal presente e credo che, quando penso al futuro, quello che esce dalla mia testa è molto limitato rispetto alle infinite possibilità che ci sono. Insomma, ho sempre l’idea che ci possa essere qualcosa di più grande e bello a cui ancora non ho pensato. Quanto a Matilde, credo che rimarrà con i miei fino a quando saranno in grado di prendersene cura. Ormai sono anni che non presenta episodi gravi, è in una condizione di stabilità, si può dire che stia bene nonostante le manifestazioni della patologia. Mi immagino papà in pensione che passa le giornate con lei a cantare e a suonare. Immagino che a mamma verrà in mente qualcosa che la tenga impegnata, tempo fa stava pensando di aprire un negozio per vendere tutti i lavori di ceramica che fa Matilde, e sarebbe molto bello se potesse farlo perché realizza cose veramente molto carine. In ogni caso sarà amata alla follia, questo è poco ma sicuro”.