Credo che una persona debba conoscerti per quello che sei. Se sanno che c’è di mezzo una disabilità, ti guardano con occhi differenti e non dicono le cose che pensano
Virginia, 18 anni, è la prima figlia di una famiglia numerosa, formata da lei e altri quattro fratelli e sorelle tra i 15 e gli 8 anni. Vive a Roreto nel comune di Roure, vicino Pinerolo, e ha appena terminato l’esame di maturità, diplomandosi all’Istituto d’istruzione superiore di Osasco, dove ha conseguito la qualifica professionale di operatore della trasformazione dei prodotti. Al momento è impegnata nella fienagione e la cura degli animali all’interno della piccola azienda di famiglia, ma in autunno conta di iscriversi a un corso di caseificazione. Le piacciono molto gli animali: in terza media ha chiesto e ricevuto in regalo una vitella, a cui negli anni se ne sono aggiunte altre, fino ad arrivare oggi a 12 mucche di cui Virginia si prende cura con passione. Francesco, il fratello più piccolo, soffre di una patologia rara denominata CMT2A: una variante della malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) che comporta, tra gli altri sintomi, progressiva debolezza muscolare, atrofia e difficoltà motorie e che può presentarsi con maggiore severità nei casi di esordio precoce.
“Penso di essere una ragazza solare, altruista, responsabile e forse un po’ noiosa – si descrive Virginia –. Nel senso che mi piace andare in giro, ma non penso sempre a fare festa come alcuni dei ragazzi della mia età”. Francesco, invece, lo presenta così: “È un bambino davvero solare e tanto affettuoso, una presenza importante, che a casa si fa sentire. Ma è anche è un bambino che riesce a cavarsela da solo malgrado le difficoltà: si muove e si organizza per giocare in autonomia, e quando si sente silenzio puoi stare certa che sta combinando qualche guaio”. Tra Virginia e Francesco il rapporto è speciale: “Ho 10 anni più di lui, sono la sua seconda mamma – dice lei –. Quando mamma stava in quarantena, sono stata io a prendermi cura di Francesco. D’altra parte ho imparato presto a occuparmene, sono stata sempre a casa con i miei fratelli più piccoli, so come si fa”. Francesco ha bisogno di aiuto nelle cose che non riesce a fare, come per esempio, mangiare o bere, “ma è tanto affettuoso e spesso reclama il suo momento coccole. A fargli le coccole è soprattutto la mamma, ma quando lei è assente la seconda scelta siamo di solito io o Sergio, il suo papà”. Tra i giochi preferiti di Francesco c’è “il creare qualcosa dal niente”. A volte “prende i dvd e li sistema tutti lungo la scala – racconta Virginia – e se qualcuno glieli sposta si arrabbia, devono essere disposti tutti nell’ordine che lui ha stabilito. Nelle cose che gli interessano Francesco è molto preciso”.
Tra i ricordi più remoti che Virginia conserva di Francesco c’è la prima visita in ospedale quando è nato. “Appena nato era un bimbo normalissimo, ci siamo resi conto che qualcosa non andava dopo il primo anno e mezzo di vita – riflette –. Poi è saltata fuori la malattia e per il primo periodo non si sapeva neanche bene cosa avesse, il nome della patologia lo abbiamo saputo solo quando aveva cinque o sei anni. Penso di aver vissuto questo periodo abbastanza bene nel complesso – prosegue –. Non ho avuto problemi ad accettare questa situazione, certo a casa c’era un po’ di scompiglio, ma da parte mia non c’è stato alcun tipo di distacco”. Eppure, a pensarci bene, Virginia ricorda anche le paure e le incertezze della mamma: “Mamma era triste, affranta. C’era preoccupazione per il futuro, non sapevamo quasi nulla, solo che alcune malattie rare possono condurre a morte prematura. Poi pensi al bambino che ti trovi davanti e ti dici: va bene così, va bene come le cose stanno andando in quel momento”.
Come sorella di Francesco, Virginia si sente “un pelino più avanti” rispetto ai ragazzi della sua età. Una maturità che si è conquistata fin da quando era bambina. “Penso di essere cresciuta più velocemente rispetto ai miei coetanei, che vivono in situazioni diverse – sottolinea –. Anche io vado fuori, ma non sono quella che ha bisogno sempre di uscire, preferisco stare in famiglia o da sola, non è una cosa negativa e non dipende così tanto dalla situazione familiare, è il mio carattere che è così”. Ripensando al passato, poi, Virginia afferma di non essersi mai sentita trascurata per via delle cure richieste da Francesco: “Non sono mai stata una bambina che necessitava di particolari attenzioni, da quando c’è Francesco non ho mai sentito questo bisogno”. E riguardo ai rapporti con gli amici, dice: “Non sono quella che sponsorizza particolarmente Francesco. Credo che una persona debba conoscerti per quello che sei. Se sanno che c’è di mezzo una disabilità ti guardano con occhi differenti, non dicono le cose che pensano. Per esempio, ho sentito alcuni miei amici fare commenti poco opportuni sulle persone disabili che non avrebbero fatto davanti a me, se avessero saputo di Francesco. Solo una volta un mio compagno di scuola è venuto a mangiare un gofri nel negozio di mia madre, mentre mio fratello era lì. È rimasto spiazzato e dispiaciuto. Io l’ho guardato e gli ho chiesto perché fosse sorpreso e lui mi ha risposto che non sapeva. Quando gli ho domandato se fosse un problema per lui, mi ha assicurato che non c’era nessun problema e, nel frattempo, guardava Francesco con gli occhi lucidi”.
E il futuro come se lo immagina Virginia? “Penso soprattutto al presente – risponde sicura –. Meglio fargli vivere bei momenti ora che pensare un giorno a quello che avresti potuto fargli fare e non hai fatto”. Poi, pensandoci ancora su, conclude: “Avrò sempre tempo per lui e non gli farò mancare nulla, anche nel caso in cui mamma e Sergio un giorno non dovessero più esserci”.